Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani (Antonio Gramsci)

venerdì 20 gennaio 2012

santi, poeti e navigatori

L'ardimentosa perizia di Schettino si aggiunge alla castità di Berlusconi e al forbito eloquio di Bossi per ridicolizzare la triade che Mussolini poneva a definizione dell'identità nazionale.
Sono lontani i tempi di Dossetti, di Dante e di Cristoforo Colombo. E quelli di Dossetti sembrano i più lontani di tutti.
All'estero hanno ricominciato a prenderci per il culo, e avevano smesso solo da qualche giorno.
Il fatto è che questo disprezzo ce lo meritiamo tutto, e non solo perché ci siamo dati, a tutti i livelli, un apparato dirigente di merda, ma soprattutto per le sgangherate difese dell'io collettivo, che mettiamo in campo ogni qualvolta incappiamo nella brutale verifica di questa verità incontestabile.
L'infantile anticlimax, di cui ci facciamo scudo in tali frangenti, è la vera cartina di tornasole della mediocrità nazionale ed è il vero parametro su cui ci prendono le misure nel mondo, lo spread e il rating vengono dopo.
Il fatto è, che in questo benedetto Paese, abbiamo sempre una santa da opporre a una puttana, una guardia da opporre a un ladro, un eroe da opporre a un codardo.
C'è materia per un poderoso excursus storico, ma limitiamoci agli ultimi mesi di cronache.
Avevamo un governo che, per appetiti, costumi e rigore morale, non avrebbe sfigurato alla cena di Trimalcione. Capita, e dei governi ci si può sbarazzare.
Licenziato il governo, e preso atto che non vi era, nel migliaio di parlamentari eletti, una personalità di spicco da porre a capo di un esecutivo di transizione, ci si è fatti prestare il nuovo premier dall'ordine dei ragionieri di Milano.
Nulla di più normale – direi quasi, banale – che un impiegato di banca. Eppure il dipendente di Standard & Poor's e il suo piagnucoloso governo sono stati a lungo strombazzati, sui media, come la perfetta incarnazione di un eroico rovesciamento di stile, modi e maniere, rispetto alle compagine precedente. Non si era però tenuto conto delle vacanze e degli immobili.
Nel corso di un simpatico dialogo multiculturale tra cinesi, cosiddetti zingari e calciatori, uno di questi ultimi, Simone Farina, non si è fatto corrompere. Subito si è invocata la croce di cavaliere. Non danneggiare fraudolentemente la propria squadra, la propria azienda, o il proprio paese, non è considerata, in Italia, una norma ovvia, ma una  commendevole eccezione.
Sorpreso al bar, mentre prendeva l'aperitivo, da un inopportuno naufragio, il comandante Schettino si imbarca su una scialuppa e chiama un taxi.
Dalla capitaneria di porto, il capitano De Falco gli ingiunge di tornare a bordo. Cosa avrebbe dovuto fare? Raccontargli una barzelletta?
È ovvio che De Falco ha fatto esclusivamente il suo dovere. Ma a noi basta, abbiamo un eroico comandante da opporre a un fellone.
Bene, per telefono non si fanno eroismi. Lo stesso Schettino, telefonando, da una rassicurante poltrona posta in terraferma a un collega nei guai, sarebbe stato, certamente, persino più eroico di De Falco.
Disonesti, immorali e vili ce ne sono in tutto il mondo, cercare di nasconderli distribuendo fantasiose patenti di onestà, moralità e coraggio è il modo migliore per moltiplicarli.

domenica 15 gennaio 2012

i comunisti devono preparasi alla nuova fase

La situazione ha il pregio di essere chiara.
Il capitale finanziario e i grandi monopoli governano l'intero pianeta.
Il denaro, la produzione finalizzata all'accumulazione di denaro, la produzione di denaro dal denaro è il fine e il mezzo del loro dominio.
Di fronte al denaro, valore autoreferenziale, scompare ogni altro valore e ci si prepara a cancellare con la guerra le isolate zone di resistenza.
 In questa fase suprema, che rischia di portare all'estrema catastrofe, il capitale ha gettato la maschera e non ha paura di mostrare con evidenza che non sono la giustizia, la libertà, la democrazia e tutte le altre invenzioni ideologiche i fini che devono orientare l'azione dei governi, ma solo ed esclusivamente la volontà dei mercati.
Tradotto in poche parole questo significa che il capitale vuole governare senza la mediazione della politica.
Questo processo è già in atto, nella pudica versione dei governi tecnici, cioè governi non eletti da nessuno che a nessuno rispondono, se non ai loro veri padroni, più o meno occulti.
Sono prove generali di dittatura e se non si arriverà alla dittatura conclamata, sarà solo se questi governi fantoccio riusciranno a trasformare la democrazia in un innocuo gioco di società.
Con l'adeguato appoggio del sistema di informazione potrebbero anche riuscirci, abbiamo già assistito, senza batter ciglio, al divieto di referendum imposto alla Grecia, assisteremo alla cancellazione del risultato del referendum sull'acqua, in Italia.
Si sta cercando di diffondere un'immagine nuova del buon cittadino: un bambino che lascia agli adulti il compito di decidere su cose più grandi di lui.
A vincere le ritrosie ci pensa la sceneggiata messa in atto dai guitti assunti dal padrone: Monti, advisor di Goldman Sachs, che è la padrona di Standard & Poor's, finge di indignarsi per il declassamento del rating italiano deciso da quest'ultima. Ma questa decisione ha il solo scopo di tenere più saldamente in sella i governi europei amici della banca pigliatutto.
In questo dramma c'è un dramma: i padroni del mondo non hanno assolutamente idea di come uscire dalla crisi che hanno innescato. Mostro mitologico che, divorato tutto, comincia ad autodivorarsi, il capitalismo cerca solo di guadagnare tempo. Après nous le déluge.
Una sola cosa gli è chiara, chi è il suo nemico.
Il nemico è quello di sempre: il lavoro, la classe operaia. Questo spiega la fregola incontenibile sull'articolo 18, mentre tale smania di licenziare sembra un po' fuori luogo in un momento in cui fin troppa gente perde già il lavoro.
In realtà lo sfondamento su questo fronte prelude a un successivo smantellamento dei capisaldi della nostra costituzione, ostacolo oggettivo alla reconquista capitalista.
I comunisti devono sapere già oggi che i margini di operatività democratica andranno progressivamente riducendosi.
Che ci sarà sempre un'emergenza, un meno peggio, un pianto della Fornero con cui mandare in cavalleria le ragioni della democrazia.
Che bisogna rassegnarsi all'idea che si va inesorabilmente verso scenari in cui i padroni, in questo momento all'offensiva nella lotta di classe, esigeranno e determineranno scenari e modalità differenti di scontro.
Che occorre cominciare a darsi una struttura organizzativa opportuna, a cominciare dalle fabbriche, per poter reggere l'urto.

martedì 10 gennaio 2012

un malinconico galantuomo

 Andai per la prima volta all’Hotel Pellicano nell'agosto del 2007…. Ci tornai all'inizio del maggio 2008 in concomitanza con la fine del mio incarico. In quella circostanza chiesi a Balducci la cortesia di effettuare la prenotazione che in quel momento mi risultava difficoltosa
La storia non fa una grinza, malgrado sia cifrata da quella verecondia con cui la povera gente parla delle proprie difficoltà.

Ma noi sappiamo leggere tra le righe: in concomitanza con la fine del mio incarico, vuol dire che il poverino aveva perso il lavoro e che, come spesso succede in questi casi, gli avevano tagliato il telefono (la prenotazione in quel momento mi risultava difficoltosa, dice pudicamente).

Quando capitano questi guai, allora le prenotazioni le si fa fare a Balducci, è una cosa che si sa.

Il nostro sventurato galantuomo, del resto, era già un po' in ristrettezze sin dall'anno prima. Infatti, come si evince dal suo racconto, non era riuscito a pagare il precedente soggiorno marino. Aveva, come si dice, "fatto segnare", e chi non lo ha mai fatto, dal panettiere o nel bar sotto casa, scagli la prima pietra!

Immaginiamoci dunque questo pover uomo, con moglie, bambini e ombrellone sotto il braccio, che torna nell'albergo in cui non ha saldato il conto. Eccoli, che sfilano, occhi a terra, davanti all'oste che li squadra con severità e disprezzo.
Queste sono le umiliazioni a cui deve rassegnarsi un onesto padre di famiglia, per assicurare un po' di balsamica aria di mare ai suoi figlioli, che immaginiamo denutriti.

Ma certe volte, come succede nelle favole e nei film di Frank Capra, il lieto fine c'è: mi fu detto dall’albergo che per i precedenti era stato provveduto senza specificare da chi.

C'è chi se ne stupisce, ma non è gente di mondo. Chi ha viaggiato sa benissimo che da molto tempo, nei bar del sud d'Italia, vige il regime del "caffè pagato". Generosi avventori usano finanziare questa istituzione, a favore dei meno fortunati.
Che col tempo tale usanza si sia evoluta in "vacanza pagata" è cosa del tutto naturale.

Ma anche in tempi grami, ci sono sussulti di dignità, Si sa che pagai una parte dei soggiorni, rivendica con orgoglio lo sventurato - e in quell'impersonale si sa si sottolinea l'universale notorietà dell'encomiabile fatto che egli volle, insistendo, pagare le consumazioni del frigobar.

Né si deve pensare ch'egli non perdette le notti, divorato dal rovello di sapere a quale benefica fatina si dovesse l'insperata cuccagna.
Pensai fosse stato Balducci. Congettura ovvia, essendo il Balducci notoriamente affetto da una rara patologia, ancora non registrata nel DSM IV, che lo spinge compulsivamente a pagare, ma rigidamente a loro insaputa, conti di estranei, scelti a caso.

E qui viene fuori la sensibilità del vero signore che, preoccupato del "cupio dissolvi" di chi già gli ha prenotato la vacanza, insiste per volersela almeno pagare, per non gravare su di lui.
Macchè, non ci fu modo di riuscirvi, Balducci non ne vuole sapere, dice che si offende, che è una cosa da niente (20 mila euro, che del resto non ha pagato lui).
Tutto d'un pezzo e fiero, per quanto malinconico, il nostro s'incazza: sicché irritato cancellai le permanenze successive.
Nel tentativo di risparmiare aveva, infatti, prenotato la camera per sette anni consecutivi.

Tutto qui. Chiaro come il sole.
Solo ora apprendo che Piscicelli avrebbe pagato di propria iniziativa e per ragioni a me del tutto ignote alcuni dei miei soggiorni. Questa è la malinconica conclusione di chi ora paga per le bizzarrie altrui.
Pur non avendo fatto nulla di male, giacché non è reato il fatto che chi può fare favori accetti favori da chi ha bisogno di favori, il meschino è daccapo licenziato, come le domestiche di sor Pampurio.

Lui si, altri, invece, no.
Questa è un'altra prova del fatto che bisogna abolire l'articolo 18.

mai più omsa







 mai più OMSA

Spagna, 1937, la legge punisce con la pena di morte i sabotatori dell'economia nazionale.

venerdì 6 gennaio 2012

strozzare il rospo

stringi forte compagno!!
tutti quelli che credono di avere ancora qualcosa da perdere si sono posti l'interrogativo circa l'opportunità di baciare il rospo. qualcuno, abituato da troppo tempo a turarsi il naso, ne ha persino, pur con la faccia schifata, convenuto.
osserviamo qui in azione, la potenza dell'illusione, grazie alla quale gente, per altri versi acuta e intelligente, si è regolarmente persuasa, alla vigilia di epocali catastrofi, di esserne, in qualche modo, immune.
con questa provvidenziale censura, la stessa che, sotto sotto, ci fa pensare di riuscire a schivare persino la morte, ci si è infilati a capofitto in dittature orrende e in guerre di sterminio.
alla pia illusione delle anime belle, si contrappongono, però, dati incontrovertibili di realtà.
cresce, infatti, di giorno in giorno, il numero di coloro che ormai sanno benissimo di non avere più nulla da perdere.
e se i giovani, precarizzati e senza nessuna prospettiva futura, si possono ancora rifugiare nella speranza biologicamente suggerita dalla forza della loro età, per i più maturi questa consapevolezza è una drammatica condizione esistenziale da cui non possono più fuggire.
per gli anzani, già espulsi dal processo produttivo, l'annunciata sterilizzazione delle  pensioni equivale, poi, alla condanna inesorabile a una vecchiaia di miseria e di pubblica assistenza.
questo è il futuro che prepara il rospo, su preciso mandato dei centri di decisione del capitale internazionale, di cui è, da sempre, un commesso.
frettolosamente promosso al ruolo di bonaparte dell'economia, mario monti è in realtà il classico uomo senza qualità, ma disciplinatamente gregario, che si è sempre prestato a eseguire manovre decise da qualcun altro.
anche i suoi celebrati meriti accademici andrebbero opportunamente vagliati, in relazione al compito che gli è stato affidato. fino a questo momento, infatti, ha dato prova di oculatezza ragionieristica, ma sembra non avere nessuna idea, o capacità, sul piano dell'economia politica.
da questo punto di vista è trasecolante la continuità con il modus operandi di tremonti, così come è evidente la continuità di metodo col sistema di propaganda del governo berlusconi: lo slogan utilizzato come abracadabra esorcizzante ogni male.
e se berlusconi pensava di risolvere ogni problema con la riforma della giustizia, monti promette miracoli a partire dalla cancellazione dell'articolo 18.
è inebriante constatare la granitica compattezza governativa, su questo punto. 
se chiedete. anche all'ultimo sottosegretario, quanto tempo occorre a far cuocere un uovo sodo, vi risponderà che dipende dall'articolo 18.
c'è chi pensa che questo refrain maniacale abbia esclusivamente l'intento simbolico di chiudere definitivamente, riaffermando il padrone sono me, la stagione di offensiva operaia e sindacale degli anni 60.
non è vero, il provvedimento va letto in parallelo con l'azione governativa sul piano della previdenza. se si decide che si sta in fabbrica fino ai 70 anni, è inconcepibile pensare che il padrone possa tenersi le linee di produzione rallentate dalla presenza di troppi operai anziani. e lo stesso discorso vale anche per tecnici e impiegati.
bisogna dare al padrone l'opportunità di liberarsi, con un opportuno calcio in culo, del materiale umano obsoleto.
per l'arco non breve che lo separa dalla pensione, il lavoratore espulso dal processo produttivo camperà di elemosine, pomposamente ribattezzate col nome di ammortizzatori sociali.
questo è il piano, ma non è il piano di monti, lo hanno deciso altrove. 
ciononostante, stringendo i denti, ci si potrebbe anche rassegnare ad uscire dalla crisi, seguendo la strada del padrone, se il piano avesse un minimo di respiro strategico e indicasse, magari lontana, una via d'uscita.
ma anche in questo caso non è così, nessuna strategia viene perseguita: si tira a campare e a far girar la giostra, per evitare il disastro che deriverebbe da un suo brusco arresto.
è come se, in presenza di un guasto, un pilota d'aereo decidesse di volare fino ad esaurimento della benzina, per guadagnare tempo. la saggezza prescriverebbe di tentare, finché c'è un po' di carburante, un atterraggio di emergenza.
resta da chiedersi perché si sia sentito il bisogno di cambiare governo, per continuare a fare la stessa politica.
quotidianamente le borse si incaricano di smentire la favola, servilmente ammannita dagli organi di informazione, della maggior credibilità di monti rispetto ai mercati.
era una mezza verità: per nulla più credibile di berlusconi, monti è, però, più presentabile agli occhi delle ipocrite borghesie occidentali.
nella situazione di generale esplosione del mediterraneo, un vecchio e chiacchierato arnese come berlusconi, era oggettivamente pericoloso. nell'ipotesi di un malaugarato incidente di piazza, sarebbe stato difficile sostenerlo, eppure non sostenerlo avrebbe messo a rischio l'intero sistema.
mario monti può, invece, permettersi i morti in piazza.
questa è la sua vera forza.

ottobre

bisogna avere il coraggio di lottare, bisogna avere il coraggio di vincere