Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani (Antonio Gramsci)

giovedì 5 aprile 2012

un nuovo soggetto politico? preferirei di no.


Il testo delude sin dall'esordio, dove, il nostro screditato sistema politico viene definito come luogo separato abitato da professionisti in gran parte maschi. Ci si chiede se questa precisazione abbia un significato, stante che, se si potesse, per clonazione, triplicare l'attuale rappresentanza parlamentare femminile, lasciando immutata quella maschile, non si cambierebbe l'infima qualità dell'insieme. Si comincia, dunque, con un'affermazione rituale.
In questo stesso capoverso tale deriva parlamentare viene paragonata all'Old Corruption del 700 inglese. La citazione è dotta, ma esiste un paragone più calzante e recente, il parlamento dei paglietta del primo dopoguerra.
Non si può pensare che quella fotocopia d'antan della situazione presente non sia nota agli estensori del manifesto, né che abbiano preferito scansare un indiretto riferimento a Gramsci, che a quel fenomeno dedica qualche pagina dei quaderni.
C'è, invece, una doppia spiegazione, più convincente, per quella retrodatazione, la prima è che l'evoluzione illuminista della situazione inglese è in sintonia con il loro nuovo modello del far politica, mentre l'involuzione fascista della situazione italiana comporta un ripensamento sul ruolo indispensabile dei partiti di massa. La seconda consiste nel fatto che, alla base della corrotta impotenza del parlamento italiano degli anni '20 c'è il sistema elettorale a collegi uninominali, cioè proprio quel prevalere della rappresentanza orizzontale che essi prediligono.

Nel successivo paragrafo si afferma che questo sistema non rappresenta … giovani e donne. L'ambiguità del verbo rappresentare non è sciolta, ma la scelta dei primi soggetti dell'esclusione è illuminante. Chi scrive, pur essendo maschio e anziano, non si sente ugualmente rappresentato, forse perché ad essere realmente rappresentati sono i poteri forti della finanza e dell'industria, cioè dei soggetti non anagrafici.
Bisogna riflettere su questo punto per spiegarsi, a un tempo, perché la Meloni non rappresenta i giovani, né la Santanchè le donne, mentre il giovane Rocco Scotellaro rappresentava i braccianti, anche anziani, del sud, e la donna Nella Marcellino gli operai, anche maschi, dell'industria tessile.
Questa riflessione aiuterebbe a trovare anche il filo d'Arianna per orientarsi nel lungo elenco di figure sociali del capoverso successivo, per le quali, se le lasciamo così giustapposte, non si intravede altra soluzione che non sia neocorporativa.

Ci vogliono, a detta degli estensori, cittadini qualificati, informati e attivi. Dei tre aggettivi, solo il primo ha significato, e, nella situazione odierna, un significato sinistro.
Attivo. Lo furono, senz'altro, le guardie rosse della rivoluzione culturale, ma anche gli squadristi del '21. Altri appesero le cetre alle fronde dei salici, ma forse non furono del tutto inutili, o dannosi. Anche Bartleby esprime un parere.
Informati. L'Italia non è più il paese degli analfabeti del maestro Manzi e la televisione offre un'informazione addirittura pervasiva. Difficile sostenere che un militante di Casa Pound sia meno informato di un no TAV. Bisogna lasciare ai Testimoni di Geova la pretesa di salvificità della loro libellistica.
Qualificati. Stiamo sperimentando un governo di tecnici, spero che non ci si voglia proporre un'opposizione di tecnici. Ma chi qualifica chi?

Bisogna affermare la validità della dimensione territoriale locale (ma non localistica). Siamo sicuri che esiste questa differenza? Perché rifiutare una centrale nucleare sarebbe democrazia locale, ma rifiutare una moschea, demagogia localistica? Si può fare politica con questi concetti astratti?
Perché la proposta di inserire la nozione di bene comune tra i valori fondanti dell'unione europea deve partire necessariamente dal comune di Napoli? Dobbiamo fare politica nelle istituzioni o con le istituzioni? Perché dobbiamo riconoscere implicitamente la legittimità di un'istituzione calata dall'alto, come l'unione europea?

Il paragrafo successivo, pur nella fumosità della formulazione, ribadisce, come novità, il vecchio ritornello della società civile, uno dei capisaldi teorici della controffensiva reazionaria degli anni '90. La società civile è il travestimento con cui la borghesia degli avvocati e dei dottori è riuscita a rientrare, per dettar legge, in tutti i luoghi (la scuola, innanzitutto) da dove era stata cacciata. È il cavallo di troia del lobbismo straccione del terzo settore. Siamo stufi di società civile.

Concordo, in linea di massima, col punto successivo: ritorno al sistema proporzionale, integrale, e individuazione di strumenti di democrazia partecipativa, ma non condivido la pericolosa affermazione: personale è politico. Abolire le frontiere tra individuo e società rischia di aprire la porta a un'etica di Stato, di cui abbiamo già sperimentato, nel corso della storia, le drammatiche conseguenze. Sostituire la tutela dell'ambiente a quella dell'anima o della razza, cambierebbe ben poco.

Anche le forme di democrazia partecipata che vengono proposte non sono del tutto convincenti. Alla base c'è un idea di cittadino storicamente datata e classisticamente connotata.
Se i ceti medi, in marcia verso la rovina, non si sentono più rappresentati dai partiti interclassisti tradizionali, la questione è tutta loro, non la estendano ad altre classi sociali, i cui interessi possono essere efficacemente propugnati dalla ritrovata organizzazione politica di classe. Ricordiamo che, ogni volta che la piccola borghesia ha tentato di far da sé, ne sono seguiti epocali disastri per tutti.
Le assemblee, sia pure con nomi stravaganti, non vadano fatte al caffè o per la strada, ma nei luoghi di lavoro e di studio, perché – se si vuol fare politica - ne deve derivare la volontà di un gruppo omogeneo per interessi e non la mediazione tra diverse sensibilità culturali.
Occorre anche tener presente che gli strumenti che nascono come forme di lotta (dai comitati di quartiere al tempo pieno), non hanno la stessa riuscita come organi istituzionali.

La critica ai partiti è calzante, ma la cura proposta è peggiore della malattia, a una struttura debolmente regolata, si vuole opporre una destrutturazione senza regole.
Qui e altrove è adombrata la nascita di nuovi chierici, sia pure vaganti, che vadano a sostituire quelli in servizio nell'attuale sistema. Evidentemente si confida in una diversità antropologica, che ne garantisca una miglior riuscita. I frati minori ebbero una (debole) funzione progressiva in contrasto col clero secolare, ma furono (rapidamente) integrati e resi organici agli interessi del papa.

Alla ricerca del nuovo, si torna infine a una forma di Idealismo, blandamente contaminata da Freud e dal parroco di campagna. Non è la realtà a ingenerare stati d'animo, ma è il mancato controllo degli stati d'animo a produrre la realtà. Parola di scout.

Sicuramente sottoscritto da brave persone, il manifesto sembra un frettoloso tentativo di derivare una teoria sulla base di una pratica politica effimera. Non mancano i padri nobili (il Partito d'Azione, Adriano Olivetti, Aldo Capitini), da cui si è cercato di prendere il peggio.
È la ricorrente proposta elitaria di borghesi illuminati che ben volentieri dal nome popolo vorrebbero derivasse unicamente l'aggettivo populista.

sabato 3 marzo 2012

la fiducia dei mercati

Tiriamo la cinghia per riconquistare la fiducia dei mercati.
Non solo quel fesso di Pinocchio deve fidarsi del gatto e della volpe, ma per farsi fottere meglio, deve anche conquistare la loro fiducia.
Siamo sicuri, Pinocchio, che seminerai quei denari nel campo dei miracoli? Non è che ci tiri un bidone? 
Cosa penseranno di noi i nostri pronipoti?

mercoledì 15 febbraio 2012

comunicato


Comitato centrale Fiom-Cgil
14 febbraio 2012
Documento finale

Il Comitato centrale della Fiom-Cgil proclama, per venerdì 9 marzo 2012, 8 ore di sciopero generale per tutta la Categoria e indice una manifestazione nazionale a Roma.
La manifestazione indetta per sabato 18 è sospesa ed è convocata un'Assemblea nazionale delle delegate, dei delegati e quadri della Fiom-Cgil che si volgerà a Roma presso la struttura Atlantico.
Il Comitato centrale della Fiom, nel confermare le ragioni e i contenuti delle rivendicazioni alla base della mobilitazione precedentemente decisa, intende sottolineare le seguenti questioni.
1. Va respinta ogni manomissione all'articolo 18, che rimane elemento centrale per la tutela della dignità e della libertà nel lavoro; unica disponibilità è per una normativa che acceleri la celebrazione dei processi.
2. La riunificazione dei diritti nel lavoro, la difesa dell'occupazione e la costruzione di nuovi posti di lavoro, sono oggi la vera priorità economica, sociale e politica. Pertanto occorre ridurre la precarietà, estendere i diritti, la tutela del reddito e gli ammortizzatori sociali a tutte le imprese e a tutte le forme di lavoro, impedire le discriminazioni di genere e rimettere in discussione gli ultimi
inaccettabili provvedimenti sulle pensioni, comprese le garanzie per l'accesso alla pensione delle persone coinvolte in accordi di ristrutturazione e di crisi.
3. Occorre prevedere un piano straordinario di investimenti pubblici e privati per un rilancio del nostro sistema industriale fondato sull'innovazione, la formazione e la sostenibilità ambientale delle produzioni e dell'uso del territorio.
4. La riconquista del Ccnl e la qualificazione della contrattazione collettiva passa oggi attraverso una reale democrazia nell'esercizio della rappresentanza e nell'affermazione delle libertà sindacali e in tutti i luoghi di lavoro a partire dalla Fiat.
In questo contesto lo sciopero generale della categoria intende contrastare le scelte della Fiat e di Federmeccanica di messa in discussione dei diritti e della contrattazione collettiva, anche attraverso una coerente pratica contrattuale diffusa in tutte le imprese e in tutti i territori.
Inoltre il Comitato centrale considera non accettabili e sbagliate le scelte del Governo italiano, che si rifanno all'applicazione della lettera della Bce, che non intervengono sulle ragioni che hanno prodotto la crisi, ma semplicemente tagliano lo Stato sociale, privatizzano e attaccano i diritti nel lavoro.
Il Comitato centrale assume i contenuti della mobilitazione europea della Ces del 29 febbraio e considera necessario che la nascente Federazione europea dell'industria si faccia promotrice di una iniziativa di mobilitazione capace anche di riunificare le lotte sindacali per una diversa idea d'Europa fondata sul lavoro e la democrazia.
Approvato all'unanimità

giovedì 9 febbraio 2012

la fucilazione dei Romanov

Quando si affronta un problema in termini astratti può capitare che si tenda a giudicarlo sulla base di valori assoluti, inesistenti nella realtà, dandone una lettura idealisticamente ingannevole.
A chi non è successo, nel riflettere sulla fucilazione dei piccoli Romanov, di utilizzare le categorie di infanzia e relativa innocenza, per condannarla come un crimine?
In realtà i rampolli dello zar erano gli eredi di un autocrate che quotidianamente condannava a morte, per fame, migliaia di piccoli russi.
Come si sa, le leggi che regolano le successioni dispongono che l'eredità, trasmissibile anche ai minori, sia comprensiva di crediti e debiti.
Nel giugno del 1918, a Ekaterimburg, questa legge, una legge che non avevano voluto i bolscevichi, fu applicata correttamente.
Nessun rimpianto, dunque, anzi occorre cominciare a pensare se non occorrerà ricorrere nuovamente a questo drastico provvedimento.
Da ormai troppo tempo, ogni giorno che il buon dio manda in terra è segnato da una strage di bambini del sud del mondo, che pagano il tributo imposto ai loro padri dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, tributi che vengono ora estesi all'Europa.
Di questo orribile genocidio si avvantaggiano poche migliaia di miliardari, che hanno accumulato, nei loro conti bancari, somme spropositate di denaro virtuale,che ipotecheranno la vita e il benessere dei comuni mortali per molte generazioni a venire.
Nei confronti di questi criminali la soluzione sarà abbastanza semplice (e in parte, vi provvederanno da soli): trasformare tutto il denaro in carta straccia.
L'evaporazione del denaro coinciderà con il loro annientamento sociale e ben pochi di loro sopravviveranno fisicamente, adattandosi alla mutata situazione.
Diversa la situazione dei loro domestici che, a fronte di un'accumulazione di denaro relativamente modesta, hanno messo in atto una precisa strategia di occupazione della sfera del sapere.
Tecnici loro e tecnici i loro figli, si passano allegramente cattedre universitarie e ruoli dirigenti di padre (madre) in figlio (figlia).
Fingono di non sapere che le carriere sfolgoranti dei loro figli dipendano dagli scambi incrociati di favori dei loro ristretti milieu, e si ostinano a pensare che i loro figli siano davvero bravini, e persino se lo raccontano - babbi orgogliosi e mamme trepidanti - tra loro.
Si consolano forse del fatto che il loro concorso cromosomico abbia, in genere, modesti risultati estetici, vagheggiando mirabili trasmissioni sul piano cognitivo.
Sulla potenza dei cromosomi dei dottori, rimandiamo a un libro vecchio, ma ancora assolutamente attuale, Lettere a una professoressa.
Da parte nostra ci riserviamo di risolvere la questione, quando verrà il momento, in maniera esaustiva. 
Ma non temano, per quanto i loro potenti cromosomi possano essere ereditati anche dai nipotini, nessun eccidio di Ekaterimburg si ripeterà: li daremo in adozione agli zingari.









sabato 4 febbraio 2012

brevi biografie di cretini illustri. 1 Martone Michel

Il nome, evocante mamme grasse di Scampia rincitrullite dalle fiction, può trarre in inganno e indurre a credere in un rigurgito del gusto pop dell'era berlusconi, ma non è così, il piccolo Michel nacque a Nizza e con questa sua prima non comune impresa giustificò perma-nentemente l'esotismo del proprio nome e tutelò in anticipo il buon gusto del governo Monti.
Benché il babbo fosse massone, il piccolo Michel, con il fratellino Thomas, studiò dai buoni padri marianisti dell'istituto romano di S. Maria. Poscia si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'ateneo romano, dove il suo povero babbo (membro del CSM, presidente dell'ANM, Assistente presso la cattedra di Diritto del lavoro della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università “La Sapienza” di Roma dal 1964; Docente di Diritto processuale del lavoro presso la Scuola di perfezionamento in Diritto Sindacale e del Lavoro della detta Università dall’anno accademico 1972-1973 all’anno accademico 1986-87. Docente di Diritto del Lavoro presso la L.U.I.S.S. di Roma dall’anno accademico 1975-1976 all’anno accademico 1987-1988; Professore associato per il gruppo di discipline “Diritto del Lavoro”. Condirettore della rivista “II Diritto del Lavoro” dal 1981 al 2006.) non conosceva certamente nessuno.
Ciononostante si laureò tempestivamente, pur avendo optato per una disciplina a lui poco famigliare: il diritto del lavoro.
Nel 2003 il giovane Michel partecipa a un concorso per diventare professore universitario. Occorrono delle pubblicazioni e Michel ne ha solo una (oltretutto in collaborazione). Si porta dietro anche la minuta di un'altra, è una pubblicazione non pubblicata, ma vale lo stesso.
Dei sei partecipanti al concorso, quattro si ritirano e uno vince, Michel arriva ultimo. I posti in concorso sono però due, e il nostro diventa ordinario a Teramo. Ottenuta valorosamente  l'idoneità, può tornare a Roma e prendere il posto di papà.
Nel frattempo, la fama di questo self-made man si è già sparsa e il meritocratista Brunetta lo vuole consulente, per 40.000 euro annui, al suo ministero. Siamo ormai in tempi di crisi, ma l'oggetto della consulenza di Martone, problemi giuridici della digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche di Paesi terzi, è evidentemente di assoluto rilievo e improcrastinabile urgenza. Del resto, a valutare il corretto e trasparente operato della pubblica amministrazione di Brunetta, c'è un apposita e indipendente commissione, il CIVIT, presieduta da  Antonio Martone.
Ma nella vita non ci sono solo rose e fiori, e anche a Michel non mancano i dispiaceri.
Nel 2010, infatti, il buon papà Antonio, reduce da una cena con l'amico Raoul Verdini, in cui, come al solito, si è parlato di calcio, di belle donne e del lodo Alfano, incappa in una molesta intercettazione telefonica che lo induce alle dimissioni.
Rimasto praticamente orfano, il piccolo Michel deve pensare al suo incerto avvenire e, con i modesti mezzi a sua disposizione (due cattedre universitarie, una alla scuola superiore di pubblica amministrazione, uno studio legale) si ingegna a fabbricarsi un solido futuro.
Comincia allora un penoso peregrinare e, cappello in mano, bussa a tutte le porte, alla ricerca di uno straccio d'occupazione.
Vorrebbe fare l'astronauta o anche il ministro.
Si reca dai vecchi amici di famiglia, Brunetta e Sacconi, si iscrive al partito di Montezemolo, manda un curriculum a Catricalà. Noi sospettiamo che abbia fatto visita anche a Veltroni, che in genere è suscettibile al fascino di certi personaggi. 
In questo tipo di concorso nessuno si ritira mai, ma le cose vanno a finire lo stesso come in quello precedente.
 Infatti nell'estenuante trattativa con i partiti, tutti i candidati, fatti oggetto di veti incrociati, ad uno ad uno cadono e alla fine non rimane più nessuno. E nessuno è proprio lui, Michel Martone.
Michel, ancora una volta, vince arrivando ultimo.
Adesso è viceministro, anche se, per prudenza, non gli danno niente da fare. 
Capita, però, che nessun membro del governo sia disponibile per un invito a una trasmissione televisiva. E in questi casi, ormai si sa, tocca a lui.
E la sua prima uscita pubblica da viceministro, e vuol fare bella figura. Pensa a una frase lapidaria che lo faccia entrare nella storia, ma quelle che gli vengono in mente, le hanno già dette o Mussolini, o Churchill.
Ostinato e volitivo, si sforza di trovare qualcosa di assolutamente originale e magari un po' sbarazzino, che rafforzi la sua immagine di teen ager governativo.
E finalmente, eureka!, la trova.
Chi non si laurea entro i 28 anni è uno sfigato - pontifica l'imberbe statista, e passa alla storia.