Ottima iniziativa, che però pecca di intempestività in un momento in cui ben altri temi di agitazione e mobilitazione dovrebbero occupare le agende dei militanti.
Anzi, diciamocelo francamente, tirar fuori tale questione negli attuali frangenti è un errore madornale, che dimostra ancora una volta – per chi ha ancora bisogno di dimostrazioni – che le due varianti della nostrana sinistra moderata, oltre a non saper fare politica, non sanno neanche più fare propaganda.
Questa bella pensata, infatti, non produrrà neppure una frazione decimale di consenso, rischierà, anzi, di ridurlo.
Nelle fabbriche, dove alle endemiche avvisaglie di delocalizzazione, al continuo ricorso alla cassa integrazione e all’estensione selvaggia del precariato, si aggiunge la minaccia di semplificate procedure dei licenziamento, di dissoluzione del regime contrattuale e di messa in mora dei diritti e delle tutele sindacali, questa trovata, che snobba il terreno della realtà, per addentrarsi nel simbolico, non può che acuire il senso di abbandono che gli operai oggi avvertono.
Non ci sarà da stupirsi, dunque, se in quell’ambiente, dove serpeggia l’angoscia, si ritesserà di nuovo quel velo, pur lacerato nelle ultime fasi del governo Berlusconi, che ancora una volta renderà credibili le lusinghe della Lega, sapientemente atteggiata alla messa in scena di una finta, ma dura, opposizione.
E tra gli stessi immigrati, la proposta solleverà ben poco entusiasmo, essendo per loro – i più deboli tra i deboli – del tutto evidente che oggi occorrono tutele e sostegno ai padri, se si vogliono davvero crescere quei cittadini di domani di cui si parla.
Quanto a quelli, e son tanti, che, delusi dal governo Prodi, sono passati, armi e bagagli, all’astensionismo, non uno, dicasi uno, considererà pensabile il ricredersi, di fronte a questa sfrontata riedizione dell’immonda tattica di allora.
Perché deviare le attenzioni dai propositi dei banchieri internazionali (Monti o Padoa Schioppa, che dir si voglia), per indirizzarle su temi di etica liberal, è un trucco che può funzionare una volta sola (neppure Zapatero ci riprova).
Resta da chiedersi come mai i due partiti, non ancora del tutto nelle mani di Matteo Renzi, si comportino già come se fossero guidati da un cretino.
La risposta sta nell’intenzione di proseguire nella definizione di un proprio, comune, ceto di riferimento.
Entrambi si rivolgono a una versione (peggiorata) della borghesia, denominata società civile, la risposta di sinistra al populismo di destra della gente.
Esente da drammatici problemi economici, la società civile propugna una società dove abbiano pieno diritto di cittadinanza le più stravaganti bizzarrie sovrastrutturali, ma in cui la struttura non muti.
Inutile dire che questi borghesi dalla mentalità avanzata, in equilibrio schizofrenico tra il culto delle identità e quello della differenza, considerano obsoleto il tema dell’uguaglianza.
Rispetto agli altri residui della loro classe, che – per completo disfacimento – sono approdati a una trasandata anomia relativistica, questi illuminati sono degli autentici rompicoglioni.
Snobbando il simpatico semianalfabetismo dei loro pari, si nutrono infatti della lettura di bollettini consortili dove, col metodo con cui Peter Kolosimo dimostrava l’esistenza dei marziani, si approda a terribili verità scientifiche, atte a delineare una compiuta Weltanschauung.
Di conseguenza, associano al comportamento libertario su alcuni temi, la propensione ad esigere una legiferazione da stato etico , riguardo ad altri.
Sono, in sostanza, gli unici borghesi degni di questo nome, convinti, come sono, di essere gli unici detentori di verità e arbitri del lecito e dell’illecito.
E in quanto tali sono i legittimi eredi della borghesia clericale e fascistoide dell’Italia del 900, di cui hanno rovesciato come un calzino le tesi, lasciandone immutato il metodo.
Questo spiega perché molto elettorato popolare li rifiuti a lume di naso.
Adesso, però, è venuto il momento di fare chiarezza e di non permettere più che il nemico marci alla nostra testa.
Non c’è bisogno di sinistra, c’è bisogno di comunismo.
Concordo in gran parte con le considerazione salvo su una: Peter kolosimo, unico giornalista italiano presente alla proclamazione della DDR, direttore di Radio Capodistria poi rimosso dall'incarico dalle autorità iugoslave per le sue simpatie filosovietiche, applicava rigorosi metodi scientifici alle sue ricerche e la sua figura andrebbe rivalutata...
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