partigiani
e brigatisti, le contraddizioni del pensiero borghese di sinistra
Che
importa se ci chiaman banditi
il popolo conosce i suoi figli
il popolo conosce i suoi figli
La
miseria culturale a sinistra deriva dall'ulteriore semplificazione di
un pensiero già fin troppo semplificato. Intendiamo alludere al
berlinguerismo,
un
apparato concettuale che solo marginalmente – sarà meglio dirlo –
c'entra qualcosa con Enrico Berlinguer.
È
comunque dalla lettura della tematica della questione
morale,
coniugata con la pratica dei governi di solidarietà nazionale, che è
nata l'ottica perversa che identifica la democrazia con la legalità.
L'errore
è sin troppo evidente: si dà per scontato che l'insieme di norme
giuridiche presenti siano il punto d'approdo perfetto e definitivo e
che non possa esserci, in un domani, una diversa legalità, che
superi
e neghi
quella attuale.
Che
nel bagaglio di quelli che, allora, si chiamavano ancora comunisti,
sia entrata questa concezione hegeliana della fine
della storia, la
dice lunga sulla malafede intellettuale dei dirigenti dell'ultimo
PCI.
Che
fossero in malafede è reso ancora più evidente dal fatto che la
nuova concezione fu contrabbandata in sordina, perché una svolta
palese avrebbe comportato la necessità di una revisione della
propria storia.
Anche
volendo continuare a ignorare la questione del ruolo di Secchia nel
partito del dopoguerra, infatti, non ci si sarebbe potuti esimere
dall'esprimersi sulla storia del progresso sociale e democratico
della nazione, che non fu, se non marginalmente, storia parlamentare.
Dalla
riforma agraria allo statuto dei lavoratori, passando per la lotta al
governo Tambroni, la storia delle conquiste democratiche e sociali è
difatti storia di lotte di piazza, con utilizzo sistematico e
organizzato di pratiche illegali tanto da parte dei partiti popolari
(PCI, PSI), quanto della CGIL.
Su
questa parte della propria storia (che pure era quella che ne
spiegava la crescita) il PCI ormai avviato alla Bolognina, preferì
stendere un velo.
Non
lo squarciarono i vecchi militanti proletari, avvezzi a ipotizzare
una supposta teoria delle due verità di togliattiana memoria, né i
giovani borghesi, arruolatisi nel partito sulla base di un equivoco o
in forza di un acutissimo fiuto opportunista.
Del
resto le stragi di stato, la connivenza di neofascisti e mafie con
apparati statali e partiti di governo, la P2, gli scandali finanziari
e la corruzione, sembravano disegnare confini tra legalità e
illegalità che ricalcavano, grosso modo, i confini precedentemente
determinati su base di classe. Questo fu il trucco con cui il cancro
ideologico ebbe modo di infiltrarsi, silente, in tutti i tessuti
delle organizzazioni politiche e sociali che erano state classiste.
A
tanti anni di distanza se ne vede la devastazione.
La
maggior parte di quelli che, in buona fede, si sentono ancora uomini
e donne di sinistra, compresi quelli che si sono meritoriamente
rifiutati di seguire la deriva opportunista che da Occhetto è
arrivata fino a Renzi, si sono ridotti a ottusi benpensanti
teledipendenti da talk
show animati
dalla stessa logica dei rotocalchi destinati, fino a non moltissimo
tempo fa, alle cameriere.
E,
ragionando come quelle, non passa settimana che non raccolgano firme
per introdurre un nuovo reato nel codice penale.
Il
sequestro di Aldo Moro fu un momento cardine di questa operazione.
Tre anni dopo, la copertura mediatica della tragedia di Vermicino metterà in luce sia le proporzioni inaspettate della pancia
emotiva del
paese, sia la capacità dei media stessi di estendere la reazione
emotiva anche ai settori più razionali della pubblica opinione, pena
l'isolamento, se non l'ostracismo, sociale.
Era
la chiave per ottenere un
nuovo conformismo e questa tecnca doveva già essere ben conosciuta dagli addetti ai lavori.
È
lecito pensare che l'informazione giornalistica e televisiva, nei 55
giorni del sequestro Moro, sia stata sotto lo stretto controllo di
esperti, anche stranieri, di strategia della comunicazione.
Al
ministero degli interni c'è Cossiga, uomo di Gladio, e a Taviani,
che di Gladio fu il vero e proprio comandante militare, si indirizza
la prima lettera di Aldo Moro.
Sono
messaggi trasversali a cui si devono assommare le arcinote pressioni
di gruppi economici e finanziari per una svolta autoritaria e la
necessità di seppellire definitivamente il cumulo delle tante
porcherie su cui Pasolini aveva cercato di alzare il coperchio.
C'è,
dunque, nell'aria una miscela esplosiva e si possono creare nel paese
le condizioni psicologiche favorevoli a una soluzione autoritaria.
Anche i movimenti dei servizi di intelligence sono ben poco
rassicuranti.
Il
PCI corre ai ripari.
L'incidente
di Vermicino metterà a nudo la fragilità morale della nazione, ma mostrerà anche come il paese riconosca in Sandro Pertini il simbolo
della propria unità. Anche la straordinaria popolarità di Pertini è un fatto noto.
Berlinguer
decide di cavalcare la tigre, la forza del PCI è il nerbo del fronte
della fermezza e Pertini ne è il capo. La destra è così fuori
gioco.
Il
buon Bulow
è
inviato a fare il giro dell'ANPI, per richiamare i partigiani
all'ordine e invitarli perentoriamente a rompere ogni contatto
residuo con le BR con le quali, almeno fino al sequestro Sossi, hanno
avuto, se non collusioni, simpatie.
Qui
c'è il grande divorzio dall'illegalità.
Ma,
come si può desumere dalla stringata cronaca precedente, si fa
cordone sanitario rispetto a un gruppo che si presta oggettivamente
alla
provocazione.
Nell'immaginario collettivo di molta sinistra, però, le BR passano
velocemente dalla critica oggettivante (compagni che sbagliano), alla
condanna soggettivante (delinquenti).
Anche
in questo caso, si è cercato di spiegare il cambiamento
dell'atteggiamento sulla base dello sdegno emotivo suscitato dalla
uccisione di Guido Rossa, sei mesi dopo quella di Moro.
Ma
è una spiegazione che non regge e che scambia la causa con
l'effetto. Il fatto stesso che Rossa vada a denunciare i suoi
compagni di lavoro che fanno circolare materiale delle BR, dimostra
che per lui, attivista del partito e del sindacato, le BR sono
già
una banda di delinquenti.
Il
fatto è che, in quei sei mesi, gli elementi anticomunisti da tempo
infiltrati nel PCI, che sono tanti e in ottime posizioni, hanno
approfittato della mossa tattica di Berlinguer per prendere in mano
le redini del partito. La loro forza è ormai tale che, l'anno
successivo, non esiteranno a boicottare, senza nascondersi troppo, la
linea del leader rispetto alla durissima, e decisiva, vertenza Fiat.
Quella
condanna sembra diventata definitiva e guai ad accostare i partigiani
alle BR. Sono il diavolo e l'acquasanta.
A
determinare l'orizzonte manicheo, l'idea piuttosto ingenua che i
partigiani, a differenza delle BR, abbiano agito sulla base di
un'idea evidentissima e indubitabile, condivisa dall'intera nazione,
un pugno di degenerati a parte.
Fortunatamente,
queste circostanze evidentissime che indicano la retta via,
generalmente nella storia non accadono, e le rare volte che vi hanno
figurato sono servite per abbrustolire streghe, o deportare ebrei, o
gasare i Rosemberg.
Non
fu la maturazione della coscienza antifascista a determinare la
Resistenza, è vero il contrario: fu la Resistenza a far maturare la
coscienza antifascista.
La
gran massa di chi salì in montagna, vi andò per sfuggire alla leva
di Salò. La prima idea fu nascondersi, la seconda che non ci si
poteva nascondere senza combattere.
Fu
proprio questo il merito delle avanguardie comuniste, trasformare la
contraddizione immediata di chi non voleva andare in guerra, in
contraddizione politica prima e in contraddizione di classe poi. La
famosa linea di massa.
Ed
è proprio questa la critica che dobbiamo fare alle BR, aver fallito
la linea di massa cercando di fare un salto brusco dalla
contraddizione oggettiva di classe alla scelta ideale. Sono quindi
imputabili di volontarismo,
cioè
di aver agito sulla base di un ordine di idee abbastanza borghese.
Cosa
che non ha niente a che fare con la delinquenza, sia chiaro.
Ma
se i comunisti possono avanzare questa critica, la sinistra borghese
non può farlo.
Essi
si mossero, indignati come voi e un po' illuministi come voi, per
reagire nell'Italia di Piazza Fontana e dell'Italicus, nell'Italia
dei servizi deviati collusi con i colonnelli greci, nell'Italia di
Sindona e Calvi, nell'Italia dei picchiatori fascisti a braccetto con
i ministri democristiani, nell'Italia della massoneria e della mafia,
nell'Italia in cui un padre di famiglia era volato dalla finestra
della questura...
Per
voi, dovrebbero essere degli eroi.
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