Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani (Antonio Gramsci)

lunedì 13 aprile 2015

peggio di un crimine, è un errore

peggio di un crimine, è un errore
Citiamo da Charles Maurice de Talleyrand-Périgord, per commentare questo manifesto:



In questo manifesto vediamo concentrati tutti gli errori che derivano da una non corretta concezione di classe (Toni Negri et altri).
Parafrasando la nota poesia del pastore Martin Niemöller (erroneamente attribuita a Brecht), si fa un elenco di supposte soggettività resistenti.
Si suppone, quindi, che la somma di differenti categorie in oggettiva contraddizione con l'esistente possa diventare l'agente rivoluzionario che sopprime lo stato di cose presenti.
Le cose, e lo si sa bene, nella realtà non vanno così.
Infatti, quando si va a prendere i migranti, i Rom non ci sono e se si va a prendere i Rom non ci sono i migranti, quando poi si va a prendere queer, gay e lesbiche, non ci sono né i Rom, né i migranti e così via.
Insomma, quel noi di cui si parla non rappresenta la somma di tutti gli altri menzionati (Rom, migranti, gay, autoassegnatari, antifascisti) perché queste categorie non sono solo in contraddizione con gli attuali assetti di potere, ma anche tra di loro.
Quel noi, dunque, è lontano dall'identificarsi con tutti quelli che vengono menzionati e ancor più lontano dal potersi identificare, come si pretende nel finale, nell'intera umanità. 
Già, perché alla fine si riesce a dare un nome al soggetto rivoluzionario che addirittura si identificherebbe con l'umanità.
Eccoci ripiombati in pieno delirio utopistico, al socialismo di Saint-Simon, Owen e Fourier e  all'anarchismo. Siamo alla metà dell'800, o forse più indietro, al cristianesimo delle origini.
Se, infatti, il destinatario del messaggio rivoluzionario è l'umanità in genere, quello che si spera è che le idee buone si impongano su quelle cattive.
Ma la storia si incarica di avvertirci che le cose non funzionano così e che anche se una buona idea, come il cristianesimo, riesce ad imporsi e a divenire patrimonio comune di gran parte dell'umanità, poi la pace e la giustizia non arrivano lo stesso.
Insomma, la lotta non è, come nelle favole e nei film americani, tra buoni e cattivi, ma tra interessi inconciliabili.
Marx ci ha erudito da ormai molto tempo sul fatto che tali interessi contrapposti determinano la lotta incessante delle classi.
La lotta rivoluzionaria, insomma, non è battaglia di idee, o non è solo quello, è soprattutto lotta di classe.
L'elemento centrale e determinante di tale lotta, per l'appunto la classe, è il grande assente di questo manifesto che denuncia così i suoi tratti di volontarismo piccolo-borghese dietro al quale si nasconde spesso, talvolta inconscia, una presunzione di superiorità antropologica che non può avere nessun aspetto progressista.




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