Il popolo greco ha parlato.
I risultati delle elezioni in Grecia è chiaro: il popolo ha detto no all'austerità, no all'Europa, no alla Merkel, ma soprattutto ha detto di no, dimezzandoli, ai due partiti che si sono, fino ad ora, alternati al potere.
E proprio questi due partiti trombati (Pasok E Nuova Democrazia), che fino a ieri fingevano di essere avversari, vogliono coalizzarsi per formare un nuovo governo.
Questo la dice lunga sullo stato reale della democrazia europea dove, quasi ovunque, due partiti, con le stesse idee, ma tributari di differenti lobbies, fingono di essere una destra e una sinistra, tra loro contrapposte, per rivelarsi, quando i tempi si fanno più difficili, ciò che sono veramente: un unico grande centro al servizio del capitale.
Questo vale per la Grecia e vale per l'Italia, ma vale anche per la Francia, dove la vittoria del finto avversario di Sarko non produrrà nessuna svolta.
Ma i Greci si sono svegliati, e sono un cattivo esempio per tutti. L'Europa trepida.
Ad Atene il vagheggiato governo degli sconfitti dovrebbe quotidianamente fare i conti con una protesta sociale che ha verificato la propria forza a livello politico, e non dovrebbe avere più paura di niente e di nessuno.
Si delineano scenari di guerra civile, che non sempre è una jattura.
L'Europa suggerisce, sa di aver venduto (contribuendo al disastro) abbastanza carri armati alla Grecia perché una nuova generazione di colonnelli possa, alla peggio, risolvere in proprio la faccenda.
Ma se, esitando sulla soluzione golpista, si dovesse andare a breve a un nuovo consulto elettorale, allora l'Europa dovrà intervenire con i propri carri armati, inventandosi un'operazione di polizia internazionale.
Il gioco si farà interessante.
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