Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani (Antonio Gramsci)

martedì 23 aprile 2013

non solo banche. cronache del capitalismo italiano. uno

un nome, una garanzia

L'assemblea dei soci ha dovuto rimandare l'approvazione del bilancio 2012. Motivo: la Centrale del latte di Roma che, per decisione del tribunale non è più di proprietà dell'azienda di Collecchio, ma torna nelle mani del Comune di Roma.
La centrale era stata privatizzata nel 1997, dal sindaco di allora, Francesco Rutelli, assistito da un'infaticabile Linda Lanzillotta.
Era una di quelle dismissioni un po'a perdere, da sempre caldeggiate dai tecnici e dai saggi di questo disgraziato paese. Ad approfittarne un altro dei periodici capitani d'industria nazionali, Sergio Cragnotti, a quel tempo ancora a piede libero e padrone della Cirio.
Il contratto prevedeva che la centrale non potesse essere ceduta prima di 5 anni, ed infatti l'anno successivo, Cragnotti la vendette in blocco, con tutto il gruppo Eurolat.
Una brillante operazione, per la quale Cesare Geronzi è stato condannato a quattro anni di reclusione.
Da allora sono passati 15 anni, durante i quali, né il tandem Rutelli-Lanzillotta, né i loro successori (Veltroni e Alemanno) sembrano essersi interessati troppo della vicenda.
Da che c'erano, i soci Parmalat hanno dovuto affrontare un altro piccolo problema.
Come si sa, l'azienda, dopo il risanamento, e con una liquidità di 1,5 miliardi di euro, era stata acquistata dalla francese Lactalis , la quale ha pensato bene di venderla a una propria società controllata con sede negli USA, la Lag, per 736 milioni di euro. 
In questo modo metà del tesoretto Parmalat è stato intascato dai disinvolti parigini.
I soci di minoranza hanno sentito puzza di imbroglio, e la magistratura sta indagando.
L'ingarbugliata situazione ha creato un po' di malumore e ha messo in imbarazzo il presidente di Parmalat, Franco Tatò.
Ma Tatò è un uomo che non si scompone facilmente: insieme ad altri top manager aziendali è indagato per appropriazione indebita, ma non fa una piega.



Abbiamo, come si vede, manager all'altezza della competizione internazionale del mercato. Se solo non ci fossero quei maledetti sindacati...

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