Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani (Antonio Gramsci)
domenica 21 aprile 2013
se mi dicono Barca, penso a Schettino
Fabrizio Barca è arrivato alla vigilia del suo sessantesimo compleanno senza sentire il bisogno di far politica.
Talvolta accade che proprio verso quell'età, maturi borghesi, trascinati dalle mogli vincenziane, a visite di beneficenza nei quartieri popolari, rimangano come folgorati, alla vista dell'altrui miseria e comincino un percorso di impegno politico che giunge, in certi casi, fino all'eroismo.
Niente di tutto ciò per Fabrizio, che ha scoperto il fascino della politica facendo il ministro.
Anche questo può succedere, perché fare il ministro, cioè occuparsi professionalmente di politica, non è affatto, come qualcuno crede, un mestiere umiliante ed è anche, tutto sommato, un'occupazione discretamente retribuita.
Ma questo spiegherebbe una voglia, per così dire, generica, di impegno politico, mentre Fabrizio sembra aver maturato una decisa intenzione di militare a sinistra, e in una sinistra che si fa, di giorno in giorno, più accesa.
Questo sarebbe più comprensibile, se il giovane Barca avesse ricoperto il suo incarico nel Cile di Unidad Popular, o a Cuba, mentre, in realtà, ha occupato il suo dicastero nel gabinetto Monti, quello, per capirci dell'abrogazione dell'articolo 18, degli esodati e di mille altre porcherie.
Proprio questo! Direte voi, l'aver constatato con mano gli effetti della macelleria sociale voluta dal governo delle élites, l'ha indotto, novello Saulo, a rinnegare la sua classe e ad andarsene, sbattendo la porta, per consacrare la sua vita alla causa.
Sarà probabilmente così, ma sta il fatto che Barca, per quanto indignato, è tuttora ministro e, suppongo, beneficiario di regolare stipendio.
L'altra sera si doveva eleggere il presidente della repubblica. Grillo e la sinistra estrema proponevano il nome di Stefano Rodotà. Barca, governativo, taceva.
Ha responsabilmente taciuto fino a quando non è stato chiaro anche alla mamma di Scilipoti che Rodotà non aveva più alcuna chance di elezione. A quel punto ha sciolto il riserbo e ha dato indicazione di voto per Rodotà, candidandosi in tal modo a guidare i rottami di sinistra del rottame del pd.
Ci sarà chi gli crede, e non solo tra gli elettori democratici, la cui dabbenaggine è ormai proverbiale, ma anche tra chi ha sempre cercato di votare più a sinistra.
Poi ci si chiede perché questa parte politica non vinca mai. Ma abbiate pazienza, anche in un paese disgraziato come il nostro, gli idioti non possono essere una maggioranza.
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